L’artista è come un tronco che attraverso le radici s’abbevera del fluire della vita e della natura, trasmettendo poi nella sua chioma, cioè nell’opera, ciò che ha visto”.
Così scriveva Paul Klee, elevando l’albero a metafora dell’artista stesso che, nutrendosi continuamente dalle radici del corso del tempo e degli eventi, arriva ad un certo punto a rappresentare, ossia a rendere in qualche modo visibile, ciò che egli stesso ha visto. Si sa che l’arte non può mai coincidere con il reale in quanto è necessariamente mediata, trasformata e ricreata dall’artista che vivendo vede qualcosa e la restituisce all’altro nella sua opera.
Ecco perché ciò che conta non è mai ciò che si guarda, ma come e soprattutto chi guarda; ecco perché in arte non esiste l’albero in sé, ma esiste l’albero guardato dal soggetto artista e restituito allo spettatore attraverso il suo stile unico e irripetibile. L’albero appartiene tuttavia ad una tradizione molto antica che lo utilizza come simbolo dell’unione della terra con il cielo e dell’uomo stesso, con le sue radici che affondano nel passato, il tronco che testimonia la vita presente, terrena, e i rami protesi verso l’alto, verso il futuro; nell’ambito della simbologia sacra, è interessante il punto di vista della Cabala ebraica che considera l’Albero della Vita il progetto seguito da Dio per creare il mondo.
Un antico proverbio recita che “ il miglior momento per piantare un albero era venti anni fa, il migliore prossimo momento è ora”; nell’humus di questa mostra, sono ventidue gli artisti contemporanei che hanno piantato il loro. Ognuno il proprio unico, originale progetto.
Giovanna Cardini
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